Negli Usa non limitano le armi perché la democrazia si è corrotta. Per fortuna i ragazzi di “March for our lives” lo hanno capito
Diverse sono le opinioni sul perché gli americani vadano pazzi per le armi, nessun dubbio invece sul perché non si facciano leggi che ne limitino la diffusione: il Congresso è stato comprato dalla lobby delle armi.
Negli Stati Uniti, infatti, il “big money” ha oramai corrotto il sistema democratico.
Parlano i numeri, impressionanti.
Quelli dei morti: tra il 1968 e il 2011, circa 1,4 milioni di persone sono morte negli Usa per armi da fuoco, di cui l’1% per sparatorie di massa. Il Washinghton Post ha calcolato che ogni giorno c’è almeno un mass shooting, ovvero casi in cui muoiono dalle 4 persone in su. Nella strage di Las Vegas del 2017, un solo uomo uccise 59 persone e ne ferì 527. Il costo annuo per le spese ospedaliere da ferite di armi da fuoco è arrivato quasi a 1 miliardo di dollari l’anno.
Di fronte a questa continua strage di innocenti, come è possibile che non si riesca ad approvare una legge che limiti l’acquisto e l’uso di armi, almeno di quelle d’assalto??
Semplice: il 20% dei senatori e il 41% dei deputati ha accettato nella sua vita politica le donazioni della National Rifle Association (NRA), la famigerata lobby delle armi capace di bloccare qualsiasi normativa restrittiva. Alle elezioni del 2016, la NRA ha finanziato politici per 54 milioni di dollari, il solo Trump ne ha ricevuti 21.
Oggi la campagna dei giovanissimi americani “March for our lives” sembra far sperare che Davide batta Golia. Soprattutto perché hanno iniziato a capire la crisi strutturale della democrazia rappresentativa elettiva statunitense.
Dopo le sentenze della Corte suprema che hanno eliminato i limiti al finanziamento da parte di milionari, aziende e corporations, infatti, il Congresso Usa non rappresenta i cittadini ma i grandi finanziatori.
La prova? Un parlamentare statunitense passa dal 30 al 70% della sua giornata a cercare finanziamenti per garantirsi la ri-elezione. Per non parlare poi del fenomeno delle “porte girevoli”, con il 50% dei senatori e il 42% dei deputati che tra il 1998 e il 2004 è passato a fare il lobbysta.
Ma sono finanziamenti trasparenti, pubblici, si dirà. Certo, però non basta, come dimostra il fatto che l’80% degli elettori pensa che i big money abbiano corrotto il Congresso e la democrazia americana. E non è un caso che l’unica voce nei sondaggi in cui il futuro presidente Trump batteva la Clinton era nella “capacità di resistere agli interessi privati”, quelli che da noi si chiamerebbero multinazionali e poteri forti.
Non è solo una questione di armi, vale per tutto, dalle politiche sul cambiamento climatico a quelle sulla salute dei cittadini. Nel 2009, appena fu messa in campo una legge per tassare il consumo di bevande gassate e limitarne così l’incidenza nell’obesità, l’industria spese 40 milioni di dollari in lobbyng rispetto ai 5 milioni dell’anno precedente, e il Congresso lasciò stare la legge.
Persino l’effetto emotivo creato dalle stragi ha dei risvolti economici sorprendenti, considerato che nel 2012 le donazioni alla NRA sono cresciute del 350% a seguito della sparatoria di massa su venti bambini nella scuola Sandy Hook.
Se l’industria delle armi ha un impatto sull’economia nazionale per quasi 50 miliardi di dollari, se sono le aziende e i milionari a decidere con il loro fiume di denaro quali candidati gli elettori potranno votare, è facile capire perché non ci sia cambiamento.
I ragazzi di “March for our lives” sono riusciti per la prima volta ad organizzare il dissenso, mostrando come possa essere positivo il “populismo digitale”.
Basterà questo per modificare le leggi in materia di armi? Forse per alcune concessioni iniziali. Ma per il vero cambiamento – su questo come su altri temi centrali della nostra epoca- servirà prima correggere la democrazia americana.
Loro sembrano averlo capito, visto che durante la marcia i ragazzi hanno indossato un cartellino indicante il prezzo di 1 dollaro e 05 centesimi. Si tratta, come ha spiegato Sarah Chadwik (una ragazza sopravvissuta alla strage), di quanto vale ciascuno dei 3,1 milioni studenti della Florida per Marco Rubio, candidato repubblicano che ha ricevuto 3,3 milioni di dollari dalla NRA .
Come lo hanno capito le migliaia di persone che nel 2016 a Washington si fecero arrestare davanti al Congresso nella più grande disobbedienza civile del nuovo secolo: chiedevano semplicemente democrazia.