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Caro Renzi, ti spiego come uscire da quel pasticcio di referendum costituzionale

Renzi in cattedraLa panna, si sa, a furia di montarla prima o poi impazzisce. Ecco quindi che a 100 giorni dal voto Renzi deve correre ai ripari. Per evitare che il referendum sulla sua riscrittura della Costituzione si trasformi in un pasticcio avvelenato, il premier deve sciogliere tre nodi.

Il primo: il quesito unico su una legge che modifica il 35% della Costituzione in maniera disomogenea si rivela ogni giorno più inopportuno oltre che, ad avviso nostro e di molti, fuori dagli standard democratici. Costringendo gli italiani a votare sì o no in blocco, il referendum non potrà che essere un plebiscito su Renzi (ma poi, gli conviene?) anziché un esercizio di democrazia. Con l’effetto, chiunque vinca, di un’ulteriore aumento della crisi di legittimità del sistema.

Il secondo nodo riguarda l’approccio del Governo alle “questioni di democrazia”. Come insegna il caso del referendum sulle trivellazioni, il modo in cui si arriverà al voto ha un valore centrale tanto quanto il merito del quesito. L’arbitrio e l’arroganza con cui l’esecutivo ha interpretato la propria funzione di sovrintendere alla procedura referendaria dello scorso aprile, dalla data del voto alla campagna mediatica (senza parlare del “ciaone”), ha solo alimentato l’antipatia verso il segretario PD.

Il terzo: le incognite che la riforma porta con sé. È il caso degli strumenti di democrazia diretta, unico contropotere dei cittadini a fronte dell’aumento del potere decisionale del Governo e del partito di maggioranza. Senza modificare le attuali regole sulla raccolta firme, ridurre il quorum per chi ne raccoglie 800 mila sarebbe una mera controriforma. Lo stesso vale per le leggi di iniziativa popolare, finché i regolamenti parlamentari non introdurranno l’obbligo d’esaminarle, e per i referendum propositivi e consultivi, solo annunciati e rinviati a una futura legge costituzionale.

Convinti che la posta in gioco sia superiore al futuro politico di un singolo, ecco le nostre proposte a Renzi per uscire dall’enpasse.

Per evitare il plebiscito e restituire agli italiani un vero potere di scelta, occorre permettere di votare distintamente sui principali aspetti della revisione costituzionale senza inficiarne la coerenza complessiva. Con il referendum per parti separate, infatti, cinque sarebbero gli aspetti su cui esprimersi e convincere: fine del bicameralismo; Senato non elettivo; voto a data fissa dei disegni di legge del Governo; iniziativa legislativa popolare e Referendum; riforma del regionalismo. Il Comitato per la Libertà di Voto ha depositato sia in Parlamento che in Cassazione il quesito per parti separate e due referendum parziali. C’è tempo fino al 14 luglio per le firme dei parlamentari, visto che quelle dei cittadini sono una chimera perché non si è voluto modificare le procedure irragionevoli e restrittive su autenticatori e certificazioni.

Quanto alle questioni di democrazia, il Governo può dimostrare di essere diverso dai suoi predecessori. Anziché individuare la data  del voto a seconda della propria convenienza, si coinvolgano i comitati promotori nella scelta e si codifichi l’obbligo di neutralità. E per garantire una corretta informazione ai cittadini si realizzi un opuscolo informativo da inviare nelle case di tutti gli italiani, dove favorevoli e contrari potranno esprimere alla pari le loro posizioni.

Infine, sulle questioni lasciate aperte dalla riforma, si chiarisca tutto prima del voto: con l’approvazione di un Referendum Act che sostituisca le procedure della legge n 352 del 1970 e consenta la raccolta firme online; con la presentazione di una legge costituzionale che definisca i referendum propositivi e consultivi sul modello di Svizzera e California; con la modifica dei regolamenti parlamentari in materia di leggi di iniziativa popolare.

Sciolti questi tre nodi, molto dell’astio che circola potrà essere riassorbito, per concentrarsi nel merito delle questioni.
Mario Staderini                Riccardo Magi                   Fulco Lanchester

Articolo uscito su Il Foglio del 24 giugno.

Comments (1)

  • Chico Pietro Alfredo Buzzanca

    Mayonnaise, non panna!
    Perché non lasciare questa porcata com'è? Cos'ha di buono questa riforma? Ho letto i post di Giovanni Negri e mi sono detto: cerchiamo un buon motivo per votare si. Non ne ho trovati se non, riducendo all'osso il pensiero di Giovanni, cambiamo qualcosa pur di non morire asfissiati. Ma votare contro D'Alema non mi è sufficiente. Hanno avuto la possibilità di fare una riforma decente, che non mi piacesse del tutto, ma con l'elezione diretta dei senatori e uno straccio di legge elettorale decente, cosa per cui è nato prima il governo Letta , decisamente migliore, e poi questo. E invece solo porcate di partito, hanno deciso che i fascigrillini devono prendere il 50 per100 alle prossime elezioni. E sia.

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