Volete il quorum? Non chiedetelo però in nome della democrazia!
Sembra incredibile, ma nel Paese in cui la storia ha dimostrato come il quorum per i referendum sia stata una jattura per la credibilità della stessa Repubblica, oggi l’intero arco costituzionale – da Forza Italia al PD, da Leu a Fratelli d’Italia, dalla Lega a Più Europa- invoca il quorum in nome della democrazia.
Intendiamoci, si può benissimo ritenere che, nell’attuale situazione storica o per pragmatica prudenza, sia opportuno prevedere un quorum; basta però non spacciarlo come uno strumento democratico !!
Mentre la democrazia garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico, il quorum invece innesca un meccanismo che induce i cittadini a non partecipare e discrimina tra favorevoli e contrari.
Con il quorum, infatti, i cittadini che la pensano in un modo (cioè i favorevoli alla riforma referendaria) sono messi in condizioni di disuguaglianza rispetto ai cittadini che la pensano in modo opposto. L’opinione dei contrari, dunque, vale di più perché possono contare sull’astensione fisiologica, che alle ultime politiche ha sfiorato il 30% degli aventi diritto.
Per questi motivi, il Codice di buona condotta in materia referendaria elaborato dalla Commissione di Venezia e fatto proprio dal Consiglio d’Europa e dalla stessa Italia, consiglia l’eliminazione del quorum perché “antidemocratico”.
Peraltro, il quorum di partecipazione (che tiene conto dei votanti) e ancor di più il quorum di approvazione (che tiene conto dei favorevoli), pongono forti rischi per la segretezza del voto.
In presenza di quorum, infatti, chi va a votare è quasi sempre favorevole e quindi riconoscibile. Ricordiamo tutti quello che successe con il referendum sulla legge 40, quando l’appello all’astensione della Cei del cardinal Ruini passò parrocchia per parrocchia, seggio per seggio. Ecco, in tempi di big data, pensiamo alla facilità di schedatura dei votanti che il quorum permetterebbe.
Un altro argomento che viene spesso usato per giustificare il quorum, è la necessità di una soglia di rappresentatività per evitare, come dice Salvini, che una decina di matti si svegli e diventi legislatore. Argomento sbagliato, perché l’esperienza internazionale ha dimostrato che li dove il quorum non è previsto, la partecipazione dei cittadini è più alta. Ed anche pericoloso, visto che le stesse leggi del Parlamento vengono approvate da un numero di parlamentari che rappresenta quando va bene il 30% degli aventi diritto al voto, quando va male meno del 20%.
In conclusione, delle due l’una: o si crede che le iniziative popolari e referendarie siano un valore aggiunto perché promuovono l’impegno civico e la partecipazione alla vita politica, favorendo il dibattito pubblico e contrastando la degenerazione oligarchica dei partiti elettorali; oppure si diffida sostanzialmente dello strumento referendario e lo si tollera solo ponendogli vincoli che lo addomestichino e ne permettano il controllo.
Quorum o non quorum, per i referendum come per le elezioni, in verità, la questione centrale semmai è la bontà e il rispetto della procedura che porta al voto, a partire dall’uguaglianza nell’esercizio dei diritti politici e dalla garanzia del conoscere per deliberare.
Rifugiarsi dietro un quorum può servire a nascondere la questione di fondo, ma avrebbe solo l’effetto (a meno di non prevedere un quorum simbolico e quindi inutile) di ripetere i sabotaggi della seconda scheda che la Costituzione già oggi riconosce agli italiani.
AGGIORNAMENTO : è stato oggi raggiunto un compromesso sul referendum propositivo, che definisce un quorum di approvazione, ovvero che almeno il 25% degli aventi diritto al voto si esprima favorevolmente. Con questa percentuale, chi volesse fare una campagna astensionista sarebbe comunque molto forte e molto spesso vincente. Dice bene Auer, il quorum è una sorta di malattia dell’infanzia della democrazia diretta.