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Inchieste e appalti: le procedure secretate dei Palazzi della politica

Inchieste e appalti: le procedure secretate dei Palazzi della politica

Quel palazzo che il Senato comprò nel 2003 e i lavori dell’architetto dell’inchiesta

• da Corriere della Sera del 7 maggio 2010

di SERGIO RIZZO

C’è un palazzetto in largo Tomolo; a Roma, che da anni è al centro di un autentico caso. Sfociato ora in un esposto alla Procura di Perugia, titolare delle indagini sugli appalti dei Grandi eventi.
Il suo autore è il segretario dei Radicali italiani Mario Staderini, che in passato, da consigliere comunale di Roma, si era sempre opposto risolutamente alla concessione del cambio di destinazione d’uso per quel palazzetto. L’obiettivo? Impedire una ulteriore invasione da parte della politica del centro storico della città, già abbondantemente occupato dai palazzi del potere. Dai e dai, Mario Staderini era diventato una spina nel fianco per il Senato. Perché quell’immobile appartiene all’amministrazione di palazzo Madama, che l’aveva comprato alla fine del 2003 con la motivazione di trovare spazio per i nuovi uffici dei senatori. Ma in circostanze a dir poco sorprendenti. Il Senato aveva infatti acquistato lo stabile di 11 appartamenti a un prezzo di nove milioni di euro da una società appartenuta fino a qualche mese prima a un senatore in carica, Franco Righetti, autore di una lunga traversata centrista, dal Ccd all’Udeur, nonché collezionista di una discreta serie di protesti bancari. Una società attraverso cui il senatore in questione aveva rilevato l’immobile da un fallimento, soltanto un anno prima di girarlo a palazzo Madama.
Il progetto di ristrutturazione del palazzetto di largo Toniolo fu approvato nel 2004 dal Cipe, che tuttavia finanziò l’operazione, con 10 milioni destinati a ristrutturazioni del Senato, soltanto nel marzo 2006, pochi giorni prima della fine della legislatura. Per poter realizzare gli uffici da una civile abitazione era comunque indispensabile il cambiamento di destinazione d’uso, che il Comune di Roma, anche per le pressioni che la giunta subiva in consiglio comunale, si ostinava a non voler concedere. Fino a quando il sindaco Walter Veltroni non si dimise per guidare il centrosinistra alle elezioni politiche del 2008 e il suo posto venne preso dal prefetto Mario Morcone. Il quale, il 9 aprile 2008 sbloccò senza indugio la pratica. Particolare che Staderini non manca di far notare, il fatto che Mormone avesse come subcommissario con delega all’urbanistica e ai lavori pubblici una dirigente del Senato: Cristina Piccardi Agosta. Non c’è dubbio che fin qui la vicenda avrebbe molti aspetti da chiarire.
Ma che cosa c’entra la Procura di Perugia? E che cosa c’entrano i Grandi eventi? Nell’esposto Staderini racconta altri dettagli. Per esempio racconta che «il responsabile del progetto architettonico e del coordinamento generale è l’architetto Angelo Zampolini», uno degli attori della vicenda che ha portato alle dimissioni dei ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, «e che il progetto risale agli anni in cui Angelo Balducci», l’ex provveditore generale delle Opere pubbliche arrestato nell’ambito dell’inchiesta per i Grandi eventi, «era ai vertici del provveditorato del Lazio». Una struttura che, secondo quando afferma il segretario dei Radicali italiani, è in questi casi «soggetto aggiudicatore, competente a pronunciarsi su progetti preliminari e definitivi». Ma non basta.
Staderini torna all’episodio dell’acquisto dell’immobile: «Non si capisce come sia stato possibile per il Senato acquistare 11 appartamenti da destinare a uso ufficio sapendo che tale destinazione non era possibile ai sensi delle norme urbanistiche a meno di una modifica al piano regolatore, che si ottiene solo dopo un voto di una assemblea politica quale il consiglio comunale e quindi del tutto imprevedibile. A maggior ragione non si comprende come il Cipe e lo stesso ministero (c’era Pietro Lunardi, ndr) abbiano potuto finanziare lavori che non potevano essere fatti, visto che in sede istruttoria si sarebbe dovuto accertare dell’esistenza di tutte le autorizzazioni di legge».
Secondo il segretario radicale ci sarebbero tutti gli estremi per andare fino in fondo a questa faccenda. Tanto più se è vero che per l’aggiudicazione dei lavori sarebbe stata seguita una procedura di riservatezza. Procedura prevista per legge quando si tratta di lavori che riguardano le sedi delle istituzioni, ma che nella fattispecie (uffici dei senatori) appare poco giustificabile. Con questa
logica, metà delle opere pubbliche dovrebbero essere secretate.
L’appalto è stato aggiudicato a una ditta di Fiano Romano, la So.co.mi., in associazione temporanea d’impresa con la Baglioni srl. Interessante notare come le due imprese avessero costituito già il 15 luglio 2005, quindi con molti mesi di anticipo della delibera di finanziamento della ristrutturazione del progetto da parte del Cipe, che risale al marzo 2006, una società di scopo battezzata non a caso Toniolo 2005. Questo l’oggetto sociale: «Realizzazione di tutti i lavori e provviste occorrenti per il restauro e adeguamento impiantistico del fabbricato sito in largo Toniolo 10, di proprietà del Senato della Repubblica».
Il contratto, c’è scritto nel cartello del cantiere, è del 4 dicembre 2007. Ma non è quattro mesi prima che venisse concesso il cambiamento della destinazione d’uso?

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© Mario Staderini by [zu']

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