Il “referendum” sul Tav non è una cosa seria Reviewed by Momizat on . Da quando il Governo ha posto in dubbio la TAV Torino-Lione, da più parti si propone di "fare un referendum". C’è chi vuole far esprimere gli elettori di Torino Da quando il Governo ha posto in dubbio la TAV Torino-Lione, da più parti si propone di "fare un referendum". C’è chi vuole far esprimere gli elettori di Torino Rating: 0
You Are Here: Home » Blog » Il “referendum” sul Tav non è una cosa seria

Il “referendum” sul Tav non è una cosa seria

Il “referendum” sul Tav non è una cosa seria

Da quando il Governo ha posto in dubbio la TAV Torino-Lione, da più parti si propone di “fare un referendum”.

C’è chi vuole far esprimere gli elettori di Torino (Più Europa, l’associazione Adelaide Aglietta e Fratelli d’Italia), chi quelli della regione Piemonte (il Presidente Chiamparino), chi anche Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia (Forza Italia), chi tutta Italia (la Lega).

Ma è una cosa seria?

In ogni caso, non si tratterà di un vero referendum bensì di una consultazione convocata dai partiti, che non permetterà ai cittadini di decidere alcunché.

Tecnicamente è molto più simile a un plebiscito, perché non saranno le firme degli elettori a convocarlo bensì la volontà degli eletti (in Comune, in Regione o in Parlamento).

Il voto, inoltre, non avrà alcun effetto vincolante perché chi deve decidere – cioè il Governo- potrà non tenerne conto.

Non si dovrebbe neanche parlare di democrazia diretta, che consiste nella possibilità per i cittadini di determinare l’agenda e prendere decisioni, non nell’essere consultati quando lo vogliono le Autorità.

Va bene, ma possibile che sia negativo dare la voce agli elettori?

Certo, dipende da come (e perché) lo si fa.

I referendum consultivi dall’alto e i plebisciti non sono i modi ideali per rendere la democrazia più democratica: ce lo insegnano l’esperienza internazionale e gli studi della Commissione di Venezia.

Tendono ad esacerbare le divisioni sociali senza portare a soluzioni e creano dei “voti ciechi“, perché i cittadini che si recano alle urne non sanno cosa accadrà dopo e finiscono per essere utilizzati dai partiti per i loro regolamenti di conti.

Esattamente ciò che è successo con la Brexit.

Anche in questo caso non si è trattato di un vero referendum ma di un plebiscito, dove ai britannici è stato chiesto dal partito di governo un parere su una decisione che spetta al Parlamento. E non essendo stato un voto vincolante, il Parlamento inglese ne discute inutilmente da tre anni.

Sono veri referendum, invece, quelli abrogativi che si tenevano in Italia così come i referendum propositivi di Svizzera e Stati Uniti, dove a farne richiesta sono i cittadini e il loro voto diventa legge.

Mentre i referendum abrogativi e propositivi sono un esercizio di democrazia perché responsabilizzano i cittadini rendendoli protagonisti sia al momento della convocazione che in quello del voto vincolante, i plebisciti e i referendum consultivi dall’alto tagliano fuori gli elettori in entrambe le fasi.

Dunque, nell’ordinamento italiano non esistono oggi strumenti perché sul Tav si possa tenere un referendum serio: sia il referendum comunale che quelli regionali sarebbero dei referendum consultivi decisi dall’alto e non avrebbero alcun effetto reale sulle decisioni del Governo nazionale.

Peraltro, finirebbero per esacerbare le tensioni tra il Nord e il resto d’Italia, millantando un inesistente diritto di decidere da soli delle regioni settentrionali. Semmai, il referendum dovrebbe essere nazionale, trattandosi di un’opera pubblica inserita in accordi internazionali i cui costi sono sostenuti da tutti gli italiani.

Ai cittadini che -abitando nelle zone coinvolte dai lavori- pagano costi indiretti quali quelli ambientali e il disagio, potrebbe al massimo essere riconosciuta una facoltà di esprimersi per opporsi all’opera.

Se poi fosse approvata dal Parlamento una legge costituzionale per far tenere un referendum nazionale sulla Tav, sarebbe sempre un plebiscito non vincolante.

Insomma, parlare di referendum può servire alle tattiche dei partiti, ma non cambia il fatto che la decisione è politica e la responsabilità di prenderla spetta al Governo.

Post Scriptum: sorprende (si fa per dire) che la  richiesta di referendum  provenga proprio da coloro che, finché al Governo c’erano i favorevoli alla TAV, hanno  scartato l’idea di un referendum, ad esempio quando nel 2012 fu proposto  da Adriano Sofri e da esponenti della Chiesa cattolica.

Leave a Comment

© Mario Staderini by [zu']

Scroll to top