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Lorenzo, 22 anni, da Parigi al Quirinale per difendere i nostri diritti politici. Ecco cosa ha scritto a Mattarella

Lorenzo, 22 anni, da Parigi al Quirinale per difendere i nostri diritti politici. Ecco cosa ha scritto a Mattarella

Il 13 gennaio 2018, ad otto mesi esatti dall’inizio del Duran Adam per i nostri diritti politici, piazza del Quirinale ha visto protagonisti Lorenzo Mineo, 22 anni, e Gianmarco Cimorelli, 20 anni.
Che ci facevano due Millennials al cospetto del Presidente della Repubblica, praticamente un loro bisnonno?
Gli chiedevano il rispetto della Costituzione, rivendicavano il diritto oggi negato a promuovere referendum, spiegavano che la fuga dei cervelli non è solo legata alle possibilità di lavoro ma anche “alla opportunità di poter cambiare lo status quo, di poter intervenire da cittadini modificando se necessario le leggi e il funzionamento dello Stato“.

Lorenzo fa parte dei giovani emigrati all’estero (Parigi) e sta decidendo se proseguire fuori dall’Italia la sua vita.
Nella lettera che sabato ha consegnato al Presidente della Repubblica, nel dare sostegno alla campagna di Duran Adam che insieme ad altri porto avanti dal 13 maggio 2017, Lorenzo fa presente che “accarezza l’idea di rientrare in Italia e tornare a impegnarmi in una militanza politica come ho fatto per anni. Sarei pronto a dedicare il mio tempo, la mia energia, la mia speranza di riformare il Paese, nei banchetti di raccolta firme su referendum e proposte di iniziative popolare, ma di fatto questo mi è impeditoe“.
Ha le idee chiare Lorenzo, molto più di tanti politici di professione, editorialisti e forse anche degli stessi consiglieri di Mattarella. Così prosegue la sua lettera: “se le elezioni, sempre meno rappresentative e legittimate dal voto popolare, rimangono l’unico strumento democratico con cui i cittadini possono far sentire la propria voce, a prevalere nelle urne sarà la tendenza a scegliere chi propone soluzioni facili a problemi complessi. Per salvare la partecipazione democratica da questa deriva di rabbia e di apatia (superficialmente bollata come “populismo”), è indispensabile fornire strumenti democratici adeguati al nostro tempo, a partire da quelli costituzionalmente garantiti come l’iniziativa di legge popolare e il referendum abrogativo. Del resto, proposte di radicale rinnovamento del sistema democratico, sono oggi allo studio dei più autorevoli ricercatori e accademici della scienza politica mondiale, come ho avuto l’occasione e il privilegio di approfondire nel mio percorso di studi all’estero. Le proposte più creative arrivano a suggerire criteri innovativi e al contempo antichi di accesso alla rappresentanza politica, come la tecnica del sorteggio tra cittadini. E’ deprimente constatare che in Italia, non soltanto queste proposte di prospettiva sono del tutto assenti nel dibattito politico, ma già gli attuali diritti di partecipazione democratica sono di fatto negati e impediti“.
Risponderà il Presidente Mattarella a Lorenzo e Gianmarco, che lo ha accompagnato da Napoli e insieme a lui ha praticato il Duran Adam, rimanendo in piedi in piazza del Quirinale in attesa?
Se vuoi dare una mano perché lo faccia, e intervenga a difesa del nostro diritto a promuovere referendum, firma l’appello di Www.referendumact.it

TESTO DELLA LETTERA DI LORENZO MINEO

Signor Presidente della Repubblica,

Da studente di scienze politiche traferitosi a Parigi per una laurea specialistica, faccio parte dei 48.600 giovani (nella fascia dai 18 ai 34 anni) emigrati all’estero nel 2016 (dati CEI del rapporto Migrantes 2017). La stima non tiene conto dei cittadini non iscritti all’anagrafe degli italiani all’estero, lasciando presumere che tra i più giovani vi siano ancora molti altri emigranti.
Sarebbe probabilmente superfluo da parte mia avvisarla sull’emergenza dei cosiddetti cervelli in fuga e sul saldo migratorio negativo che l’Italia registra da diversi anni (malgrado la propaganda su una “invasione” di immigrati), perdendo in molti dei casi persone tra le più capaci e motivate in ogni campo di attività, dalla medicina all’ingegneria, dalla ristorazione all’architettura e perfino al giornalismo, passando per la ricerca. Probabilmente possiede già informazioni in abbondanza su un tema così allarmante per il futuro del Paese.

Quello che mi preme portare alla Sua attenzione è un problema a suo modo connesso alla fuga di cervelli, ovvero la materiale impossibilità per cittadini italiani non legati a partiti tradizionali, di incidere sulla vita politica del paese attraverso l’esercizio di un diritto politico riconosciuto dalla Costituzione: la promozione di referendum e leggi di iniziativa popolare, garantita dagli articoli 75 e 71 della carta fondamentale. La credibilità di un paese, quella che manca e che spinge così spesso a fuggire chi ha le risorse e l’età per permetterselo, passa anche e soprattutto per la capacità delle sue istituzioni di garantire le regole che esse stesse ergono a fondamento. La motivazione a restare anche quando sembrano non esserci prospettive, passa anche per il grado di opportunità di poter cambiare lo status quo, di poter intervenire da cittadini modificando se necessario le leggi e il funzionamento dello Stato.

Mi rivolgo dunque a Lei a sostegno dell’iniziativa politica nonviolenta di Duran Adam lanciata da Mario Staderini, con la quale ormai dal 13 maggio 2017 si denuncia la negazione in corso del diritto di iniziativa popolare su proposte di legge e referendum abrogativi. Come Lei saprà dopo questi otto mesi di Duran Adam che hanno avuto il merito di fare luce sul problema, la legge n. 352 del 1970 fissa degli ostacoli discriminatori e irrazionali, ponendo in capo ai promotori l’onere di raccogliere le sottoscrizioni in presenza di un pubblico ufficiale autorizzato ad autenticarle (ovvero amministratori locali, notai, cancellieri dei tribunali, segretari comunali), senza però porre alcun obbligo per questi pubblici ufficiali di mettersi a disposizione per la raccolta. Accade così che migliaia di cittadini che vorrebbero impegnarsi in questo esercizio di democrazia siano impediti di farlo, visto che gli amministratori locali di norma si rendono disponibili solo per le iniziative del proprio partito mentre gli altri pubblici ufficiali non si trovano in numero sufficiente neanche pagandoli 25 euro l’ora.

Le confesso, Signor Presidente, che da ex segretario dell’Associazione Radicale per la Grande Napoli, accarezzo l’idea di rientrare in Italia e tornare a impegnarmi in una militanza politica come ho fatto per anni. Sarei pronto a dedicare il mio tempo, la mia energia, la mia speranza di riformare il paese, nei banchetti di raccolta firme su referendum e proposte di iniziative popolare, ma di fatto questo mi è impedito nel mio paese. Di fronte a un’agenda parlamentare che taglia fuori certi temi divisivi e scomodi, vorrei poter intervenire nella vita politica per tentare di abrogare leggi orrende come il reato di clandestinità, o per proporre leggi di civiltà come la legalizzazione dell’eutanasia. Quando in passato ho partecipato a iniziative di questo tipo, ho dovuto subire in alcuni casi il sabotaggio della raccolte firme per indisponibilità degli autenticatori, come con la campagna referendaria di Radicali Italiani “Cambiamo noi” del 2013, oggi oggetto di un ricorso all’ONU per il quale l’Italia potrebbe essere condannata per violazione del Patto Internazionale sui diritti civili e politici. In altri casi, come con la presentazione di una legge di iniziativa popolare sull’eutanasia, proposta nel 2015 da Radicali Italiani e dall’Associazione Coscioni, il successo dell’iniziativa è stato possibile solo grazie a un notevole sforzo finanziario per pagare gli autenticatori o alla fortuna di trovarne qualcuno sensibile al tema. Ma l’iniziativa popolare è un diritto, per il quale la disponibilità di autenticatori non dovrebbe restare solo un’opzione.
Questa condizione non rappresenta solo una violazione dello stato di diritto, ma un controsenso rispetto alle attuali esigenze di modernizzare la democrazia, emerse negli ultimi anni in modo del tutto evidente. In Italia, come del resto in Europa e persino oltrecontinente, i tassi di partecipazione alle elezioni sono ai minimi storici. In calo vertiginoso sono anche gli iscritti ai partiti e ai sindacati, gli attori classici della vita democratica. Se le elezioni, sempre meno rappresentative e legittimate dal voto popolare, rimangono l’unico strumento democratico con cui i cittadini possono far sentire la propria voce, a prevalere nelle urne sarà la tendenza a scegliere chi propone soluzioni facili a problemi complessi. Per salvare la partecipazione democratica da questa deriva di rabbia e di apatia (superficialmente bollata come “populismo”), è indispensabile fornire strumenti democratici adeguati al nostro tempo, a partire da quelli costituzionalmente garantiti come l’iniziativa di legge popolare e il referendum abrogativo. Del resto, proposte di radicale rinnovamento del sistema democratico, sono oggi allo studio dei più autorevoli ricercatori e accademici della scienza politica mondiale, come ho avuto l’occasione e il privilegio di approfondire nel mio percorso di studi all’estero. Le proposte più creative arrivano a suggerire criteri innovativi e al contempo antichi di accesso alla rappresentanza politica, come la tecnica del sorteggio tra cittadini. E’ deprimente constatare che in Italia, non soltanto queste proposte di prospettiva sono del tutto assenti nel dibattito politico, ma già gli attuali diritti di partecipazione democratica sono di fatto negati e impediti.

Basterebbero poche righe per emendare la legge 352 del 1970, ad esempio prevedendo, oltre un futuro sistema di firma telematica, che i comitato promotore possa indicare i cittadini cui verrà affidato l’onere di attestare la veridicità della raccolta firme. Prassi ormai accettata e diffusa a livello internazionale dagli USA alla Svizzera, finanche alla Repubblica di san Marino, utilizzata anche in Italia per le iniziative popolari a livello locale. Senza rimuovere l’ostacolo degli autenticatori, insieme a quello delle vidime e delle certificazioni, nessun cittadino può esercitare i suoi diritti referendari, ormai esclusiva solo di grandi partiti e sindacati, unici ad avere a disposizione decine di migliaia di pubblici ufficiali che autentichino gratis le firme sulle loro proposte. Sono queste, del resto, le misure contenute nella proposta di legge di iniziativa popolare “Più democrazia e sovranità al cittadino!”, promossa da Radicali Italiani, che se attuata basterebbe da sola a rimuovere l’ostacolo degli autenticatori permettendo un balzo in avanti degli strumenti di partecipazione in Italia.

La prego di tenere in conto, in conclusione, che la battaglia per riottenere i diritti civili e politici negati non è un vezzo di pochi intellettuali o stravaganti radicali, come qualcuno potrebbe pensare. Se è vero che vi è urgenza di affrontare alcuni temi strutturali per riformare l’economia e il funzionamento del paese, in tempi di crisi della democrazia rappresentativa, l’iniziativa popolare può essere uno straordinario strumento di riforma. La forma è sostanza, ci insegna il filosofo francese Bergson, ricordandoci che cambiare il contenitore serve a cambiare il contenuto, e migliorare il funzionamento degli strumenti democratici è la premessa indispensabile per migliorare la qualità delle nostre politiche.

Con Osservanza,
Roma, 13 gennaio 2018,

Lorenzo Mineo

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