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Il prof Ainis ci da ragione, referendum oramai vietati per i cittadini

Il prof Ainis ci da ragione, referendum oramai vietati per i cittadini

LIBERIAMO I REFERENDUM CON UNA FIRMA DIGITALE
Urgente cancellare norme anacronistiche

di Michele Ainis su L’Espresso del 16 luglio 2017

Sotto le macerie della legge elettorale è rimasta sepolta pure una speranza: quella di rianimare il referendum. Era la «seconda scheda» che i costituenti misero in tasca agli italiani; è diventato una schedina, un terno al lotto. Dopo i referendum sull’acqua, che nel 2010 raccolsero le 500 mila firme necessarie per la validità della richiesta, ha fatto cilecca ogni altro tentativo. Sottoscrizioni insufficienti per la consultazione contro l’Italicum (2016). Per gli 8 quesiti promossi da Pippo Civati (2015). Per i 6 quesiti sulla giustizia (2013). Per l’abrogazione della Buona Scuola (2016). Per il No alla riforma costituzionale (2016).

Sicché l’unico referendum abrogativo che ci è stato sottoposto in questi anni si deve all’iniziativa di 5 Regioni: le trivellazioni in mare, sempre nel 2016. Quanto al referendum costituzionale, c’è voluto un grande partito organizzato (il Pd) per superare la boa delle 500 mila firme, in appoggio al Sì. Come peraltro era riuscito anche alla Lega, nel 2014, sulla richiesta d’abrogare la legge Fornero, poi dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale. O come l’anno scorso riuscì alla Cgil rispetto all’abolizione dei voucher, in seguito neutralizzata da un decreto legge del governo.

Da qui una distorsione, anzi una perversione logica e giuridica. Giacché uno strumento – il referendum – concepito come veicolo delle istanze popolari nei riguardi del Palazzo si è tramutato, viceversa, nell’ennesimo megafono con cui il Palazzo parla al popolo. Lo brandiscono le istituzioni (è il caso deì Consigli regionali) o altrimenti gli apparati dí partito, di sindacato. Difatti la legge impone un onere impossibile, per chi sia estraneo ai grandi corpi collettivi: l’autenticazione delle firme davanti a un pubblico ufficiale. Ma i pubblici ufficiali non si trovano, non hanno alcun obbligo dí farsi trovare, e oltretutto non ricevono un euro dallo Stato per questo tipo di lavoro. Conclusione: niente autentica, niente referendum.

La via d’uscita? Autenticatori scelti dal Comitato promotore, con controlli a campione sulla regolarità delle sottoscrizioni. Funziona così in Svizzera, negli Usa, perfino a San Marino. Oppure firme on line, attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (Spid), introdotto dal governo nel 2014.

D’altronde le firme digitali vengono già ammesse per le leggi popolari in ambito europeo: ne servono un milione, il doppio rispetto al nostro referendum, eppure negli ultimi quattro anni a Bruxelles sono state depositate 60 iniziative. In Italia, viceversa, ogni proposta di legge popolare non è che una supplica al sovrano, rigorosamente per iscritto e in carta bollata.

La nuova legge elettorale sarebbe stata l’occasione per metterci una pezza. E infatti il testo Mazziotti contemplava sia la raccolta delle firme in modalità digitale, sia l’apporto dei cittadini comuni come autenticatori. Caduta la bozza Mazziotti, il Rosatellum è diventato più prudente: ok alle firme on line, ma rinviando a un decreto attuativo. Siccome però la prudenza non è mai troppa, alla fine i partiti hanno lasciato cadere tutta la legge elettorale, così non se ne parla più.

Rimane invece in piedi, cocciuto come un mulo, Mario Staderini (l’ex segretario dei Radicali), che ogni sabato si presenta davanti al Quirinale per imbastire un Duran Adam: forma di protesta inventata in Turchia, a piazza Taksim, per eludere il divieto di manifestazioni. Consiste nel starsene impalati, per ore e ore, con una penna e un moduletto per la raccolta firme in mano, senza dire una parola. Un silenzio di denuncia contro le parole della legge 352 del 1970, quella che disciplina il referendum, parole che suonano ormai ipocrite, o comunque anacronistiche. Dobbiamo cancellarle, se ci sta a cuore la nostra sovranità perduta. Dopotutto, basta una gomma

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© Mario Staderini by [zu']

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