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Democrazia diretta, le istituzioni hanno paura.

Intervista al Corriere del Trentino del 16 settembre 2016

Ha contribuito a creare il «Comitato per la libertà di voto» (per «spacchettare» il quesito unico del prossimo referendum costituzionale) e chiesto a governo e Parlamento l’approvazione del «Referendum act», «per restituire ai cittadini il diritto a promuovere referendum». Mario Staderini, ex segretario dei Radicali italiani e attivista per la democrazia diretta, interverrà domani a Trento a «Una festa per Più democrazia» in programma dalle 15 al Circolino di piazza Venezia.

In che modo si esprime la proposta di riforma costituzionale in tema di democrazia diretta?

«Non rimuove nessuno degli ostacoli che negli ultimi 40 anni ha fatto sì che dei 197 referendum abrogativi avviati in Italia il 66% non sia neanche arrivato al voto e circa il 20% abbia superato il quorum. Anzi, li introduce anche per le leggi di iniziativa popolare, per le quali aumenta a 150.000 il numero di firme necessarie per proporle: nel nostro Paese, tuttavia, è impossibile raccoglierle, a meno che non si disponga di un esercito di consiglieri comunali o funzionari pubblici, oggi possibile solamente a due soggetti, il Pd e la Cgil».

Si trasforma, insomma, in una controriforma. 

«La positiva riduzione del quorum dal 50 per cento più uno degli aventi diritto al 50 % più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche nel caso in cui i cittadini che propongono un referendum siano 800.000 e non 500.000, nei fatti è impraticabile. A meno che non si consenta di firmare online attraverso il Sistema pubblico di identità digitale o si autorizzi il comitato promotore a indicare alle istituzioni le persone che potranno autenticare le firme sotto la loro responsabilità».

Come giudica la situazione locale, con l’iniziativa popolare provinciale sulla democrazia diretta, sostenuta da 4.000 firme, ancora al palo? 

«Che anche a livello locale gli autenticatori debbano essere pubblici ufficiali e che si tratti di un obbligo derivante dai principi generali dell’ordinamento, mi sembra assurdo e risibile perché Comuni e Regioni possono liberamente decidere come raccogliere le firme. A livello politico c’è un evidente sfavore nei confronti dell’utilizzo della democrazia diretta e quando le istituzioni oppongono resistenza alla possibilità del popolo di esprimersi e si nascondono dietro questioni procedurali, significa che hanno paura del voto dei cittadini».

E riguardo alla denuncia presentata al Comitato dei diritti umani dell’Onu? 

«Ha superato il vaglio di ammissibilità e nonostante le memorie difensive presentate dal governo ponendo questioni di procedibilità, ci aspettiamo entro la metà del 2017 la sentenza che potrebbe condannare l’Italia per violazione dei diritti civili e politici. Sarebbe un fatto clamoroso. L’iter è iniziato dopo gli ostacoli incontrati nei referendum del 2013, dall’assenza di autenticatori disponibili alle mancate risposte del governo sull’aiuto ai promotori».

Erica Ferro

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© Mario Staderini by [zu']

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